Nei mesi di agosto e settembre è in programma a Santa Margherita Ligure la rassegna culturale “Il Salotto di Amalia”, promossa dai Servizi Bibliotecari del Comune.
Il debutto è previsto lunedì 2 agosto, alle ore 18, nel parco di Villa Durazzo, sotto la tensostruttura, con l’incontro con le autrici Patrizia Ercole e Silvestra Sbarbaro, per la presentazione del loro libro Vivian Maier. Ignota a me stessa (Casa Editrice Sillabe), un monologo teatrale sulla vita e l’arte della fotografa Vivian Maier.
Chi era Vivian Maier, una bambinaia? Una fotografa?
Fondamentalmente una sconosciuta che ha attraversato la vita occupandosi dei figli degli altri e osservando il mondo attraverso il mirino della sua Rolleiflex fino a quando John Maloof, entrato casualmente in possesso di migliaia di negativi, non ha mostrato al mondo le sue foto. Da allora in molti stanno rovistando nella sua vita alla ricerca di indizi che svelino qualche segreto su questa donna schiva.
Noi abbiamo scelto di far parlare le sue immagini, unica autentica testimonianza che, forse suo malgrado, ci ha lasciato.
Nota delle autrici La storia della fotografa viene raccontata da una Vivian nel 2008, immaginata anziana nella sua casa di Chicago, utilizzando una voce fuori campo mentre scorrono filmati collegati al contenuto dei testi.
Mentre Il pensiero fotografico di Vivian è sviluppato come un lungo monologo affidato a una voce recitante che, pur in presenza, resta in secondo piano poiché al centro della scena ci sono le foto video proiettate della fotografa che scandiscono il ritmo narrativo e catalizzano l’attenzione dello spettatore.
Attraverso questa scelta estetica si è voluto dare centralità alla singolarità del suo sguardo che, anche attraverso gli autoritratti, ne evidenzia l’anima e l’unicità del percorso fotografico e di vita.
Questo monologo è un’opera di finzione che prende spunto da una realtà inconfutabile: la vita e l’arte di Vivian Maier. È scaturito essenzialmente dalle emozioni suscitate dalle sue fotograie.
Abbiamo immaginato momenti e segreti della sua esistenza a partire dall’anima che traspare dai frammenti di vita colti con la sua Rolleiflex, forse nel tentativo di renderli eterni.
Brevi biografie delle autrici
Patrizia Ercole vive a Genova dove si è diplomata alla Scuola di Recitazione del Teatro Stabile. Come attrice e regista, ha dedicato trent’anni della sua vita ai grandi autori teatrali. Oggi insegna alle nuove generazioni la meraviglia di giocare con le parole per costruire emozionanti storie. Nel suo passato troviamo traccia di un grande amore per la fotografia, a lungo studiata in tutti i suoi aspetti. L’incontro con l’amica scrittrice Silvestra Sbarbaro le ha permesso di dare voce e anima a una donna schiva e geniale come Vivian Maier.
Per questa casa editrice ha pubblicato un nuovo adattamento, come fiaba musicale, de Il soldatino di stagno da Andersen.
Silvestra Sbarbaro nata a Genova ma cresciuta a Firenze è tornata in Liguria negli anni ottanta. Attenta alle tematiche sociali si dedica da anni all’insegnamento della lingua italiana ai migranti, coordina il gruppo lettura della Biblioteca Civica di Lavagna – GE dove ha tenuto anche laboratori di scrittura creativa.
Amante della lettura e dei viaggi, ha scoperto la scrittura teatrale quasi per gioco, ottenendo diversi riconoscimenti, tra i più recenti ricordiamo Premio per il Teatro d’impegno civile La Riviera dei Monologhi – Bordighera 2016 , premio speciale della Giuria alla carriera 2019 al Rive Gauche film festival di Firenze. Frequenta a Genova il laboratorio Teatrale diretto da Patrizia Ercole.
Recensioni libro Vivian Maier Ignota a me stessa di Patrizia Ercole e Silvestra Sbarbaro
Una cosa che si nota, o si vive, guardando le fotografie di Vivian Maier, è il gioco pudico e sfacciato dell’identità: specchi usati come finestre trasparenti, rimbalzi tra “io” e “non-io”, ombre che annunciano, denunciano, ironizzano, esorcizzano l’assenza. Come ogni fotografo, ma molto di più, Vivian Maier non solo mostra il mondo, ma mostra il proprio guardare. Più che un gioco, è una danza di corpi e di sguardi che a tratti si fa vertiginosa, e pericolosa. Sarebbe abbastanza: ma Patrizia Ercole e Silvestra Sbarbaro hanno aggiunto il loro sguardo, che è molto particolare. Ai modi estetici, psicologici, esistenziali, sociali, di guardare quelle immagini, hanno aggiunto uno sguardo drammaturgico. Oltre a entrare in quel gioco come nuovi soggetti, nuove danzatrici, creando un testo, per la stampa e per la voce, hanno dato una misura (provvisoria), una “durata”, una unità-di-discorso, una zona di senso, all’abisso seriale delle immagini. Mettendo in (un) teatro alcune di quelle immagini, e parlandone (non in didascalia, ma in controcanto) sono state, per l’austera e sfuggente straniera, amichevoli e ospitali.
Roberto Piumini
Un bellissimo testo di Patrizia Ercole e Silvestra Sbarbaro esplora e dà voce alla mente e al cuore di una delle maggiori fotografe del Novecento, Vivien Maier, sconosciuta in vita, oggi ammiratissima quanto misteriosa nei suoi splendidi scatti e autoritratti. Questa magica Mary Poppins, di professione bambinaia a Chicago, si confessa in un monologo teatrale efficacissimo che legge le fotografie (consultabili in rete) con grande finezza. Sicché oltre a una storia che ha dell’incredibile di una grande artista, queste pagine sono a loro modo una lettura critica che guida con sicurezza nel labirinto delle immagini e della vita.
Massimo Bacigalupo
“Amo i gatti perché sanno vedere al di là, oltre l’orizzonte ristretto di noi umani.”
La citazione tratta dal testo di Patrizia Ercole e Silvestra Sbarbaro, riferita al gatto di Vivian Maier, è la chiave di lettura di questo intenso ritratto della vita e delle opere della fotografa – bambinaia e ne è insieme la percezione di quella che era la sua visione.
Le autrici vedono oltre le foto come Vivian vedeva oltre le persone che ritraeva.
Non semplice e irta di insidie, quali l’agiografia e il didascalico, la narrazione di una vita vissuta nell’ombra, la quasi non vita di una donna che si nascondeva anche a se stessa, che con una Rolleiflex professionale fotografò in bianco e nero mezzo secolo e mezzo mondo. Dalle strade delle grandi città americane, alla campagna francese, all’oriente, per arrivare fino al cimitero di Staglieno di Genova, la mia città, di cui si ritraggono pure i panni stesi come bandiere, permeati di un odore di pesce fritto che pare impresso nei negativi.
Facile cadere dunque nella banalità di una sequela di luoghi e dati e belle foto, ma le due autrici, di cui una, Patrizia Ercole, è anche la sensibile interprete dell’omonimo e struggente spettacolo tratto dal copione, hanno schivato abilmente tale trappola.
Ercole e Sbarbaro hanno ideato una geniale struttura drammaturgica che ha consentito di entrare nella mente della fotografa e nel contempo di seguire con curiosità crescente le fasi della sua vita, incastonate nelle sue riflessioni. Il testo è infatti concepito su due piani, Vivian che racconta se stessa alle soglie della sua morte, avvenuta nel 2009 a Chicago e il suo pensiero fotografico, dietro ad ogni foto.
Le foto di bambini e coppie di innamorati, di lustrascarpe e di uomini d’affari, di vecchie signore e derelitti, sono momenti che Vivian ha catturato, momenti epifanici, che le affilate e poetiche parole del testo ci aiutano a cogliere nella loro pienezza. Momenti rivelatori di centinaia di vite di sconosciuti, che l’obbiettivo ha catturato e che “il pensiero fotografico” ci rende palpabile.
Si presume dietro a tutto ciò lo scandagliare di una spropositata mole di documenti.
Accurate ricerche e sofisticata tecnica drammaturgica si fondono nella fluidità di un’opera che tanto il lettore quanto lo spettatore possono apprezzare.
Balza vivido il concetto che Vivian non si nascondeva nell’ombra per spiare il mondo, non è il suo il tratto morboso di una guardona, bensì di chi come nella epigrafe di Emily Dickinson, si ritenga un Nessuno.
Io sono Nessuno! Tu chi sei?
Sei Nessuno anche tu?
Allora siamo in due!
Non dirlo! Potrebbero spargere la voce!
Altrettanto triste forse che essere guardona.
La sua era una fuga dalla vita, e dal contatto umano.
In disparte da un mondo di cui aveva cominciato a diffidare molto presto, quando qualcuno con la bonomia di un nonno le aveva frugato sotto il cappottino, cresciuta con la durezza della madre da cui aveva imparato l’arte della fuga. Una vita dedicata agli altri, quella di Vivian, tanto nel lavoro di bambinaia quanto in quello di ritrarre persone in ogni angolo del mondo, alla ricerca di istanti rivelatori, per se stessa o per nessuno.
Solo il caso ha permesso di scoprire questo tesoro, ma con astuzia e pudore le due autrici non svelano l’intrigante finale della storia della vita di Vivian Maier, loro sono concentrate su di lei non sul dopo di lei.
Prezioso dono che le raffinate autrici porgono a chi sa, come loro, Vivian e i gatti “vedere oltre”.
Patrizia Monaco
Vivian Maier Ignota a me stessa di Patrizia Ercole e Silvestra Sbarbaro è pubblicato da Sillabe in edizione bilingue, traduttrice del testo in inglese Kallina Barclay Temperini.