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VILLA DURAZZO: IL PERCORSO DI VISITA

Atrio

Atrio

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Entrando dal lato mare si nota l’originalità della pianta dell’atrio; diviso in due parti e separato da cinque gradini di ardesia, crea un effetto teatrale: qui si svolgono i concerti di musica classica che vengono organizzati regolarmente in tutte le stagioni.

Ai lati si possono ammirare le quattro cassapanche del primo decennio del sec. XX, di stile genovese, che recano sullo schienale lo stemma dei Centurione.

Alle pareti vi sono delle appliques di legno del XVIII secolo e quattro grandi dipinti ad olio del secolo XVII che raffigurano ( da sinistra ) una dama con ventaglio di Nicolò Maria Vaccaro, un ritratto di cardinale, un ritratto di prelato e un ritratto di gentiluomo di ignoto pittore lombardo.

Dai soffitti pendono maestose lanterne genovesi in ferro battuto del sec. XVII.

Atrio bis


Sempre nell’Atrio fa bella mostra di sé il pianoforte “Tallone”.

Cesare Augusto Tallone
Cesare Augusto Tallone (Bergamo, 10 maggio 1895 – Milano, 4 febbraio 1982) è stato un liutaio italiano.
Figlio del pittore Cesare Tallone, apprese il mestiere di liutaio nella fabbrica FIP di Alpignano e poi alla Zari
di Bovisio, di cui fu giovanissimo direttore. Gabriele d’Annunzio lo definì “artefice in costruzioni sonore” ed
egli divenne accordatore ufficiale del Vittoriale. Perfezionatosi in Germania, negli anni cinquanta iniziò la
costruzione dei pianoforti “Tallone” giungendo, dopo dieci anni di studi e sperimentazioni, a produrre il
primo pianoforte italiano gran coda da concerto. Per il suo orecchio infallibile, la sua squisita sensibilità
musicale e la perfetta conoscenza dello strumento, fu stimato, fra gli altri, da Alfred Cortot, Edwin Fischer,
Ludwig Hofmann, Arturo Toscanini e Arturo Benedetti Michelangeli, che lo volle con sé come tecnico
accordatore durante le sue lunghe tournée internazionali. Fu chiamato in Giappone come consulente della
Yamaha per gli strumenti musicali

“Ogni mio pianoforte è una cosa unica, non è un oggetto fatto in serie. Di ogni singolo pianoforte
costruiamo anche le corde: il suono dipende molto da come una corda viene fatta, dalla tensione che le si
dà. Non tutti i miei pianoforti riescono alla perfezione. Io li firmo soltanto dopo un anno di vita. Se non sono
riusciti come voglio, li riporto in fabbrica e li distruggo”.
“Quali sono le caratteristiche principali del suo pianoforte?”
“Il suono italiano. Le gole degli uomini sono tutte uguali, eppure esistono voci italiane, voci tedesche, voci
russe. Io ho sempre pensato che anche i pianoforti hanno un loro suono. La scuola francese è caratterizzata
dalla chiarezza del suono; quella tedesca dalla profondità; il suono italiano l’ho concepito come “luce”. Mio
padre diceva che se sul davanzale di una finestra c’è un geranio fiorito, l’aria intorno è contaminata dal
colore e diventa un’aria diversa. Così succede per i suoni. Un suono che si espande nell’aria e che io chiamo
“suono riflesso” può influenzare gli altri suoni dando loro una “coloratura” diversa. Nei miei pianoforti ci
sono doppie tavole, con scavature, vuoti, insenature che servono a creare “suoni riflessi”. Utilizzando una
lega particolare, la ghisa perlitica, ho portato le vibrazioni, che in genere sono quattromila al secondo, a
sedicimila. La nota che esce dal mio pianoforte si moltiplica immediatamente in un pulviscolo di armonie,
che si riflettono sulla nota arricchendola meravigliosamente. Questa è la caratteristica particolare dei miei
pianoforti: un suono speciale e che io ho chiamato “suono italico”.

da un’intervista a Cesare Augusto Tallone

Il pianoforte Gran Coda “Tallone” (lunghezza 2,75 metri) che si trova all’interno di Villa Durazzo, acquistato
nel 1981 dalla Società dei Concerti di S. Margherita Ligure (Delibera di C.C. n. 110 del 17/7/2015) è il n. 6 di
una serie di n. 10 pianoforti da concerto costruiti artigianalmente dal primo costruttore italiano di
pianoforti Cesare Augusto Tallone negli anni a partire dal 1966 al 1982. La costruzione risale ai primi anni
’70. Lo strumento fu consegnato dallo stesso Tallone in persona al Santuario di Arenzano, e lui stesso si
recava ad accordarlo in occasione di concerti importanti, essendo amico e devoto dei Padri di Arenzano. Poi
il 25 maggio 1975 fu acquistato dalla Società di Concerti di S. Margherita Ligure che successivamente lo
cedette al Comune.
Il piano è dotato della preziosa meccanica Renner (Tallone si recava direttamente a Stuttgart per scegliere
le misure e i feltri) contrassegnata dal codice 389/275 impresso sulla martelliera.
Come già detto Tallone fu il primo costruttore italiano di pianoforti interamente prodotti in Italia. Infatti, a
partire dal 1715, anno in cui proprio un italiano, Bartolomeo Cristofori, creò il primo prototipo di pianoforte
della storia (che all’epoca si chiamava fortepiano), nessun italiano si dedicò alla costruzione e allo sviluppo di questo tipo di strumenti. Questa prerogativa venne invece sfruttata dai tedeschi, che, dopo essersi
“accaparrati” il brevetto di Cristofori, nel corso dei secoli sono stati i principali costruttori di pianoforti,
soprattutto da concerto.
Dopo ben 250 anni Tallone, che dal 1950 già fabbricava pianoforti verticali, ½ coda e tre quarti, e che
frattempo, a Tokio, aveva progettato e diretto, dietro richiesta del presidente Matzuyama, la costruzione
del primo 4/4 da concerto della Fabbrica Yamaha, il “Tamaki Miura”, decise di dare inizio alla costruzione
dei primi gran coda Italiani, sottolineando l’assurdità che uno strumento proprio inventato da un italiano
non fosse mai stato prodotto da italiani come invece era accaduto ad esempio per i violini (Stradivari,
Guarnieri ecc).
Nonostante le allettanti offerte economiche fatte da Yamaha e Steinway a Tallone affinché spostasse la sua
produzione a New York o Tokyo, egli decise di non fare questa scelta e di mantenere in Italia la sua attività,
continuando una lavorazione di tipo “artigianale”.

Il primo G.C. fu costruito nel 1966 e presentato al pubblico al Conservatorio di Milano in occasione del
concerto del pianista Mario Delli Ponti nel febbraio del 1967.
Uno dei G.C. di Tallone si trova a Tokyo, mentre il n. 2 e il n. 3 sono rispettivamente in mano al
Conservatorio di Pesaro e al pianista e compositore italiano Paolo Marzocchi, che ha scelto proprio questo
strumento per comporre le sue opere.
Oltre a Paolo Marzocchi altri pianisti italiani abbastanza famosi (Bruno Canino, Simone Pedroni) hanno
chiesto e scelto di suonare su pianoforti Tallone.
Senza dimenticare che Cesare Augusto Tallone, proprio per il suo orecchio e le sue particolari capacità, fu il
tecnico e l’accordatore scelto per anni dal grande pianista italiano Arturo Benedetti Michelangeli, al quale
era legato anche da un rapporto di profonda amicizia.

Salotto Vietri

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La sala è decorata con un pavimento in maiolica del ‘700 di provenienza napoletana; il soffitto è dipinto ad imitazione dello stucco, ai lati sono state inserite quattro lunette di gusto romantico, raffiguranti rovine romane, dipinte da G. Franceschetti.

Disposte nella stanza troviamo delle sedie in stile Rocchetto Genovese e alle pareti dei mobili genovesi a “Bambocci”; al centro si trova una fratina di particolare pregio. Sulla destra si può ammirare una tavola raffigurante San Giorgio e il drago dipinta ad olio; è una copia da Raffaello di ignoto pittore della metà del XIX secolo.

Sala Vaymer

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Si tratta di un ampio salone, un tempo sala da pranzo del Palazzo e attualmente adibito a ricevimenti e rinfreschi.
L’arredamento è composto da consolles ed angoliere in legno laccato chiaro, di stile Luigi XVI e di varie sedie in noce, rivestite di una bella stoffa a strisce che riprende i colori delle pareti e dei mobili.

Dal soffitto pende uno spettacolare lampadario di cristallo, tardo stile Luigi XVI, che originariamente funzionava a candele. Alle pareti quattro dipinti, olio su tela, del pittore Gio Enrico Vaymer del XVIII secolo: “Ritratto di Carlo II Centurione” “Ritratto di Giulia Centurione come Cleopatra”, “Ritratto di dama” e “Ritratto di Francesca Spinola e la figlia Giulia”.

Scalone e Ballatoio

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Nell’atrio, di fronte al grande pianoforte, inizia lo scalone che conduce al piano nobile della villa; alle pareti si trovano dipinti del XVIII secolo, olio su tela, che raffigurano personaggi nobiliari. Al termine dello scalone si giunge al ballatoio, dove in una nicchia è collocato il busto in marmo di Gio Luca Durazzo (1628-1679).

Camera Veneziana

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Attraverso la porta, sormontata dal busto di Gio Luca Durazzo, si accede alla camera da letto arredata con mobili che si ispirano a “chinoiseries” settecentesche, ma sono in realtà prodotti di alto artigianato veneto dell’inizio del XX sec. Sulle pareti due dipinti di Luciano Borzone, del sec. XVII, raffigurano la Morte di Cleopatra e la Morte di Lucrezia.

Si possono ammirare inoltre due Amorini reggi festone, che costituiscono la parte centrale di un fregio di 18 metri, opera di Domenico Piola e due delle Quattro Stagioni (Autunno e Inverno) dipinte da un seguace di Francesco Bassano all’inizio del XVII secolo.

Nella camera, nella parete tra le due finestre, si trova inoltre il dipinto più antico della quadreria di Villa Durazzo: si tratta di un olio su tavola di scuola emiliana del sec. XVI che raffigura Santa Lucia.

Salotto della Musica

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Nella sala si trovano un prezioso pianoforte e un salotto del XIX secolo in stile Luigi Filippo.

La stanza è arricchita da un grande lampadario di murano in vetro turchese.

Alla parete sopra il divano si trova il quadro raffigurante il Trionfo di Flora o “Allegoria della Primavera” di un ignoto pittore veneto (sec. XVII), sulla sinistra “Ecce Homo” di Giovanni Battista Paggi e sulla destra “Sposalizio mistico” di Santa Caterina (ignoto pittore emiliano del XVII secolo).

Sopra le porte altri due dipinti di scuola del Bassano (XVII sec) raffiguranti due delle quattro stagioni (Primavera e Estate).

Salotto delle Grottesche

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Il salotto deve il suo nome alla decorazione del soffitto affrescato “a grottesche”.

La sala è impreziosita da un lampadario di Murano policromo, decorato con ciondolini di vetro color pastello e mazzolini di fiori.

Alle pareti si vedono alcuni dipinti del sec. XVII, fra cui quattro Amorini del grande pittore genovese Domenico Piola, un quadro di Giovanni Andrea de Ferrari (Giuseppe rifiuta i doni dei Fratelli), un’ opera della bottega di De Wael intitolata “Musica in Giardino”e sulla destra in basso due “Paesaggi con rovine e viandanti” di ignoto pittore romano risalenti al terzo quarto del XVII secolo.

L’arredo è composto da un divano, quattro poltrone ed un parafuoco foderati, tipo Gobelin, di stile Luigi XVI e da una preziosa consolle settecentesca, decorata con lapislazzuli e albume d’uovo.

Loggiato a Mare

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Si passa quindi alla Sala Belvedere, un tempo loggiato, così chiamata per la splendida vista sulla città, il porto, la costa e la limpida distesa di mare.

Da ammirare il soffitto affrescato con l’Allegoria delle Quattro Stagioni, ciascuna rappresentata da una divinità del Pantheon greco-romano.

Nella parete sinistra è sistemata una piccola cappella, anch’essa completamente affrescata; è arredata con antichi candelabri in legno, tovaglie di linoed un Messale, posto su un leggio dorato del sec. XIX. La crocifissione è dipinta ad olio su tela da un ignoto pittore genovese nella prima metà del XVIII secolo.

A lato della cappella è posto uno specchio da parete con cornice in legno dipinto con motivi floreali risalente alla seconda metà del XVII secolo.

A fianco della finestra si trova una lapide commemorativa che ricorda la visita a Villa Durazzo di Karol Wojtyla (il futuro papa Giovanni Paolo II) nel 1976. Nella sala si trova il busto del Pontefice Gregorio XVI, del casato dei Bartolomeo – Alberti di Belluno, divenuto Papa nel 1836, che per il suo alto sapere e la dottrina teologica si meritò il titolo di Padre della Chiesa.

Salotto del Camino

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In alto il soffitto a grottesca, opera del pittore Giovanni Franceschetti, dal quale pende un lampadario di Murano in vetro bianco; il camino è rivestito di piastrelle in maiolica e reca sul fondo un bassorilievo, raffigurante il Dio Vulcano intento a percuotere l’incudine col martello.

L’arredo è composto da mobili dorati stile Napoleone I e da una caminiera settecentesca stile Luigi XVI in lacca e oro zecchino. Alle pareti due Scene di Battaglia di Cornelis De Wael (Anversa, 1592- Roma 1667).

Camera Umbertina o della Regina

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Come racconta Attilio Regolo Scarsella nei suoi Annali di Santa Margherita Ligure, l’11 maggio 1904 giungeva ospite del Palazzo:

“… S.M. la Regina Margherita. Non appena si sparse la notizia in paese, i Margheritesi non capirono in sé dalla gioia. Essi erano combattuti tra il desiderio di manifestare alla Augusta Donna il loro devoto affetto e il timore di turbare la quiete del suo breve soggiorno.

Ma non si poterono tenere dal formare, la sera del secondo giorno, un corteo con fiaccole, bandiere, musica e fiori che si recò a renderle omaggio.

Quando il vasto piazzale della villa fu pieno di quanti poterono entrarci, sul poggiolo della facciata principale apparve la figura della Prima Regina d’Italia e io non saprei quale sia più difficile a ridire, se il grido di ammirazione con cui la folla salutò l’apparizione regale, o la grazia incantevole del sorriso con cui Margherita di Savoia rispose all’omaggio dei margheritesi”.

Nella camera, la Regina appare scolpita nel legno delle ante dell’armadio e della testiera del letto. Al soffitto si trova un lampadario in stile Maria Teresa e sopra le porte, due dipinti: “Ballata di Contadini” di Cornelis e Lucas de Wael e un paesaggio costiero con rovina di un seguace di Antonio Travi detto il Sestri datato settimo decennio del XVII secolo.

Salone degli stucchi

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Un grandioso lampadario in cristallo, stile Luigi XVI, illumina il pavimento in graniglia di marmo con fini disegni di foglie e rami di fico, al cui centro si vede una spilla.

Le porte sono decorate con melograni, simbolo di fertilità. Alle pareti un’ Incoronazione di Maria della seconda metà del XVII secolo e tre ritratti : un gentiluomo, una dama col pappagallo (scuola genovese del XVII secolo) e un’ opera della bottega di Vaymer raffigurante Francesco Maria Centurione in veste da camera del secondo-terzo decennio del XVIII secolo.

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