Quella che oggi chiamiamo Villa Durazzo, in passato appartenne a prestigiose famiglie:
dai Durazzo passò nel 1821 ai Centurione Scotto – a cui rimase fino al 1919 – attraverso un contratto di vendita fra Marcello Durazzo e Giovanni Battista (Gio Batta) Centurione Scotto (1761-1878).
Quest’ultimo era Marchese di Morzasco e Castelnuovo Scrivia, Conte di Visone nel Monferrato, signore di Gorreto (luogo strategico per gli scambi commerciali con Piacenza) e di Campi in Val Trebbia, principe del Sacro Romano Impero, con diritto di battere moneta.
A piano terra della villa, nella “Sala Vaymer” – che prende il nome da Enrico Vaymer (1665-1738), il pittore che li dipinse – si possono ammirare i ritratti di Carlo II Centurione (1671-1753), il bis nonno di colui che comprò la villa dai Durazzo, sua moglie: Francesca Spinola (1686-1743), sorella del centocinquantesimo Doge di Genova, Nicolò Spinola, del ramo di San Luca; c’è anche il ritratto della loro figlia, la bellissima Giulia Centurione che sposò Agostino Lomellino (fu Carlo).
Per circa settant’anni i Centurione mantennero la Villa e l’accrebbero con la costruzione di due dependance, Villa San Giacomo e Villa Nido, abbellendola con la realizzazione di uno stupendo “Giardino all’italiana”.
Grazie alla costruzione della ferrovia, Santa Margherita Ligure venne inserita nel circuito turistico internazionale e, sul finire del secolo diciannovesimo, Giulio, l’ultimo dei Centurione, decise di sfruttare la situazione, affidando in gestione il complesso alla famiglia Maragliano, che già possedeva un albergo a Santa Margherita. E fu così che, dal 1890 – in vista della grande Esposizione italo-americana per il IV. centenario della scoperta dell’America, tenutasi a Genova nel 1892 – sino al 1910, la villa venne trasformata nel “Grand Hotel”, molto apprezzato e frequentato da una clientela di élite.
Al termine della prima guerra mondiale, gli effetti devastanti del conflitto e alcune disavventure finanziarie, convinsero i Centurione a cedere a loro volta la proprietà ad un ricco industriale, Alfredo Chierichetti. Egli ne entrò in possesso nel 1919, la elesse a sua stabile residenza e avviò rapidamente la sistemazione del complesso, che da alcuni anni versava in uno stato di semi-abbandono.
A lui si deve la definitiva sistemazione del Parco, arricchito da piante esotiche, di statue e fioriere in stile neo-gotico. Egli diede alla Villa e al paesaggio circostante una impostazione radicalmente diversa dalla precedente, ed è attraverso questa rinnovata fruizione del paesaggio che ancora oggi possiamo accostarci all’edifico storico che fu dei Chiavari e dei Durazzo.
Villa Durazzo oggi è di proprietà comunale.
Villa Durazzo pillole di storia…
Gio Luca Durazzo, l’ambasciatore che piaceva al Re Sole
Gio Luca Durazzo (1628-1679), ambasciatore della Repubblica di Genova a Parigi, era molto gradito al Re Sole poiché era molto serio, garbato e coltissimo. Avendo dato prova di talento diplomatico, diventò ministro residente a Parigi dal 1653 al 1661. Luigi XIV disse di lui: “ Alla grande condotta e a un’eminente letteratura, accoppiava una dolcezza incomparabile di maniere e di tatto”.
Fu un politico scaltro e perseguì con determinazione i propri ambiziosi obiettivi.
Primogenito di Gerolamo (1597 – 1664) e marito di Maria Francesca Pallavicini, con la quale contrasse matrimonio nel 1663, egli esercitò la sua attività imprenditoriale a Milano, Parigi e Londra ed ebbe importanti incarichi diplomatici, funzione essenziale per la difesa degli interessi di Genova, divenuta centro finanziario e bancario d’importanza europea. Ancora molto giovane venne inviato in Inghilterra per esprimere le congratulazioni della Repubblica di Genova a Carlo II Stuart, incoronato Re d’Inghilterra.
Il prestigio di cui Gio Luca godeva in Inghilterra era tale che gli furono concesse le onoranze regie. Successivamente fu inviato straordinario della Repubblica a Milano e a Roma e, nel corso della guerra che scoppiò contro Carlo Emanuele II di Savoia, nel 1672 diventò commissario generale dell’esercito; infine dal 1673 al 1675 fu nuovamente ambasciatore a Parigi.
Gio Luca Durazzo e la sua villa di rappresentanza in Riviera
Nel 1678 egli fu il committente della ristrutturazione di Villa Durazzo a Santa Margherita e nel 1679 acquistò insieme al fratello Eugenio, il Palazzo dei Balbi in Genova (Palazzo Reale).
Gio Luca per accrescere il prestigio famigliare avviò nel 1679 l’ampliamento della casa con torre che era appartenuta a suo nonno Gio Luca Chiavari – che lo tenne a battesimo il 23 agosto 1628 – ristrutturandola radicalmente e trasformandola in una imponente villa sospesa sul mare, che dominava la città (e la domina ancora). Egli amava moltissimo questa dimora lasciatagli dai Chiavari, che sentì sua, vivendola più di molte altre residenze che la famiglia possedeva e volle trasformarla in una villa di rappresentanza. Il disegno che perseguì fu tra l’altro, quello di far trasferire da Novi Ligure le fiere di cambio (dove finanzieri e affaristi compravano o vendevano cambiali). Nei suoi piani, Villa Durazzo avrebbe quindi dovuto ospitare clienti di prestigio ed esaltare le disponibilità economiche della famiglia. Il raggiungimento di questo obiettivo toccherà però al nipote Gerolamo Durazzo, figlio di Gio Agostino, che ottenne dal Governo genovese lo spostamento delle fiere di cambio a Santa Margherita nel 1707.
Gio Luca Durazzo protettore di Santa Margherita
“L’Affetto singolare ch’io ho ereditato dal padre e dall’avo verso di cotesto luogo e comunità mi obbliga a desiderare per loro ogni maggiore felicità e vantaggio” scrisse Gio Luca di suo pugno e si occupò di seguire il buon andamento della stessa, per la quale svolse il ruolo di protettore. Intervenne di tasca propria per realizzare opere come la ricostruzione del porticciolo danneggiato da una mareggiata, oppure il rifacimento di ponti e strade. Inoltre seguì, compatibilmente con i frequenti spostamenti dovuti agli incarichi diplomatici, le vicende economiche e politiche locali e sostenne con laute offerte le istituzioni religiose della città.
A Villa Durazzo vi è un busto marmoreo che lo ricorda (eseguito da Giuseppe Parodi e commissionato dal nipote Gerolamo Durazzo, figlio di Gio Agostino) e sotto di esso vi è una targa che lo descrive come uomo “illustre per l’integrità dei costumi e per il lodevole ingegno”.